1976, un cassone piu’ largo del solito (per dare posto a due giocatori contemporaneamente) e molto complicato (nessun joystick, solo una fila interminabile di pulsanti, come neanche “Defender” che pero’ usci’ quattro anni dopo) si faceva notare nelle sale giochi di tutta Italia, piu’ difficilmente nei bar.
Si trattava di “Space Wars”, che se da un lato anticipava la moda dei giochi spaziali, sul punto di scoppiare in tutto il mondo grazie all’uscita di “Guerre Stellari” nei cinema, dall’altro era la trasposizione arcade di un classico videogioco che era possibile trovare solo nei computer delle universita’ USA – “Space Wars”, appunto.
Larry Rosenthal, ex studente del MIT, si ricordava molto bene di questo gioco. I televisori bianco e nero domestici, usati pure nei primi videogiochi (anche a moneta, come in “Pong” e “Computer Space”), non permettevano una grafica granche’ definita, la risoluzione era molto bassa; per questo, all’inizio, si mescolava grafica elettronica e vere serigrafie su cartone (come in “Space Invader” Taito, ma anche tanti altri videogiochi precedenti), in genere utilizzando giochi di specchi. Rosenthal, come aveva visto fare all’universita’, brevetto’ un sistema per utilizzare nei videogiochi i monitor vettoriali (quelli usati negli oscilloscopi), ottenendo cosi’ una grafica molto luminosa e definita anche nei piu’ piccoli disegni. Ottima per “Space Wars”!
Vende il tutto alla Cinematronics, che costruisce il gioco e lo distribuisce nelle sale giochi di tutto il mondo. Due astronavi si combattono, una uguale all’Enterprise del telefilm “Star Trek”, l’altra che verra’ poi copiata nel videogioco Atari “Asteroid” qualche anno dopo – anche lui, con un monitor vettoriale. Non solo lei, ma anche l’asteroide che appare ogni tanto in “Space Wars” e’ quello di “Asteroid”, e come in “Asteroid” lo potete colpire e distruggere, anche per evitare di esserne colpiti.
Importare giochi d’oltreoceano, negli anni ’70, era costosissimo e inutile, visto che il mobile in legno, le gettoniere, le parti piu’ comuni, erano assemblabili e reperibili anche dalle nostre parti.
Cosi’, come accadeva spesso, una azienda italiana, la F.lli Bertolino di Torino, si fece spedire dagli USA schede, cablaggio, pulsantiere e soprattutto il monitor vettoriale, da assemblare in un mobile costruito in Italia. Massimo risultato, con il minimo costo. Le istruzioni vennero tradotte in italiano, che gia’ il gioco con tutti quei tasti era complicato di suo, figurarsi poi in inglese.
Questo che trovate allo Spazio Tilt e’ lo “Space Wars” assemblato appunto in Italia, lo stesso che potevate trovare alla destra dell’ingresso della sala-giochi “California” a Bologna, per dire (di fronte al Lamma, per chi freuentasse la zona in quegli anni). Si faceva notare subito appunto per le dimensioni extra-large, e per la grafica ben piu’ definita dei giochi spixellati in circolazione in quel periodo – “Break Out”, “Clowns”, e simili.
Il gioco funziona a tempo, ogni moneta da 100 lire aggiunge 45 secondi di gioco (funzione regolabile dal noleggiatore). Potete inserire le monete prima di iniziare, ma anche allungare la partita mentre state giocando.
Ognuno dei due giocatori ha a disposizione cinque pulsanti per controllare la propria astronave. Due per ruotarla nelle due direzioni; uno per sparare, un altro per azionare il razzo che ci permette di muoverci. C’e’ poi il tasto “superspazio” – traduzione in italiano dell’originale ‘hyperspace’ – che come in “Asteroid” ci permette di toglierci velocemente da situazioni complicate, salvo il fatto che ricompariremo in una posizione a caso, con tutti i rischi e pericoli che questo comporta.
Notare come “Asteroid” assomigli sempre di piu’ a “Space Wars”…
Possiamo scegliere di giocare tre diverse versioni del gioco: Principiante, Abile o Esperto, in ordine di difficolta’.
Principiante, con gioco lento, veloce o molto veloce.
Abile, con gioco ancora piu’ veloce, missili veloci, o molto veloci.
Esperto, gioco molto lento, o piu’ veloce degli altri. Oppure, con una fortissima gravita’.
Infatti, la gravita’ e’ molto importante in “Space Wars”. Al centro dello schermo, una stella attira noi e tutto quello che le passa vicino, proiettili e asteroidi inclusi, deviandone la traiettoria. E’ un attimo finire a schiantarsi contro la stella.
Poi, ci sono le modifiche a questi giochi base, selezionabili anche a partita iniziata.
Alcune modifiche riguardano i margini dello schermo: oggetti e proiettili che rimbalzano sui margini, oppure rientrano dal lato opposto dello schermo. E’ anche possibile giocare con un universo “allargato”, con le astronavi che manovrano non viste fuori dall’area di gioco.
Si puo’ modificare anche la funziona della stella centrale (definita un ‘sole’). Puo’ essere un buco nero, oppure essere invisibile. Con l’opzione “gravita’ negativa”, respingera’ ogni oggetto, invece di attirarlo.
Infine, si puo’ annullare del tutto la gravita’.
Particolare interessante, l’astronave non esplode quando colpita da qualunque colpo, ma puo’ anche solo venire danneggiata, da un colpo avversario o da uno scontro con un asteroide, fino anche a restare senza missili e senza motore, incapace di reagire.
Notare che abbiamo un numero limitato di proiettili ed una certa quantita’ di carburante, terminato il quale restiamo fluttuanti nello spazio, in balia degli eventi. Almeno finche’ non esplodiamo, nel qual caso palla al centro, punto all’avversario, e si ricomincia.
Il software di questo gioco non era certo esente da problemi e difetti. Se per un qualche motivo le astronavi diventano incontrollabili dai giocatori, al centro della plancia campeggia il pulsante “reset”. Come in ogni computer che si rispetti, senza pero’ perdere i secondi di gioco ancora presenti.
L’audio, nella sua semplicita’, e’ ben fatto, con bassi particolarmente profondi (le esplosione fanno vibrare persino il vetro). Niente suoni di sottofondo, per questo occorrera’ attendere nel 1978 “Space Invaders” della Taito.
Lo volete vedere, provare? Veniteci a trovare allo Spazio Tilt!